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Visita alla mostra “Moda e Pubblicità in Italia: 1850 – 1950” seguito dalla Conviviale di apertura

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Leopoldo Metlicovitz, La Rinascente, 1921, cromolitografia su cartone. Direzione Regionale Musei Veneto - Museo Nazionale Collezione Salce

Alla Fondazione Magnani-Rocca – Villa dei Capolavori a Mamiano di Traversetolo, presso Parma – va in scena la mostra: 150 affascinanti opere, dai manifesti alle riviste, ai cataloghi dei grandi magazzini, in un arco cronologico che inizia nell’Ottocento e prosegue fino a metà Novecento, raccontano la nascita della moda italiana. 

Fino agli anni Venti del Novecento – spiega Eugenia Paulicelli, Professoressa ordinaria e fondatrice della specializzazione di “Fashion Studies” presso il Graduate Center e il Queens College della City University di New York (CUNY) – la moda femminile era stata fondamentalmente francese, mentre l’Inghilterra era il riferimento per quella maschile. Ma questo non significa che non esistesse l’idea e il progetto di creare una moda italiana. Questo filo attraversa le riviste dell’Ottocento in Italia fino a legarsi al patriottismo dopo il periodo dell’unificazione nazionale. Infatti all’inizio del secolo questa traccia acquista una grande visibilità con il lavoro pionieristico di Rosa Genoni che dalle pagine di riviste femminili lancia il progetto di una moda nazionale come “pura arte italiana” che, svincolata dalla sudditanza ai francesi, sapesse trarre ispirazione dal mondo classico e dai capolavori del Rinascimento, coniugando artigianato e industria. Successivamente, nel corso del ventennio fascista, si andrà costruendo un profilo di moda italiana (i Saloni a Torino, l’Ente Nazionale Moda fondato nel 1935, etc.) che fu la base di quel che sarebbe diventata la grande moda italiana a partire dal dopoguerra”

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Aleardo Villa E.-A.-Mele Guanti-1898-ca cromolitografia su carta-104-x-1455-cm.-Museo Nazionale Collezione Salce Treviso

L’affermarsi dei grandi magazzini

La mostra indaga come l’affermarsi dei grandi magazzini risponda alle richieste di una società nuova che aspira a potersi rappresentare, una società figlia della rivoluzione industriale che trova negli abiti e negli oggetti, i testimoni della propria esistenza e delle proprie diversità.

Immagine3“La competizione tra i grandi magazzini – racconta Stefano Roffi – è agguerrita e ogni mezzo, ogni idea, ogni novità è occasione per catturare e fidelizzare la clientela. Il manifesto, in quanto più grande, più evidente, è lo strumento che dalla fine dell’Ottocento ai primi anni Cinquanta tappezzerà i muri delle città costruendo modelli e quindi mondi e modi di partecipazione e rappresentazione”. “La mostra – prosegue –  racconta questo particolare mondo nascente della comunicazione presentando circa 100 grandi manifesti, la gran parte restaurati per l’occasione e mai esposti al pubblico dal tempo della loro realizzazione, soffermandosi anche su due casi unici che distinguono l’Italia da qualunque paese al mondo: la comunicazione dei Magazzini Mele di Napoli, la più imponente, capillare, ricca attività di promozione mai realizzata, che inizia nel 1889 e prosegue fino al secondo decennio del XX secolo, e la comunicazione de La Rinascente a Milano, che sceglie Marcello Dudovich come direttore artistico dal 1921 al 1956, mantenendo così una coerenza stilistica unica e irripetibile”. 

Dalle misteriose dame fin de siècle proposte da Aleardo Villa, Leopoldo Metlicovitz, Marcello Dudovich nei manifesti dei Magazzini Mele, alla fine degli anni Trenta, con le nuove regole, i nuovi vincoli di “decoro” e l’uso di materiali autarchici, la moda, le mode, diventano, attraverso i manifesti, figurazione immediata di uno status e lo specchio nel quale si riflettono rapidissimi cambiamenti sociali ed economici, umori, tendenze, capricci, sogni.

Leopoldo Metlicovitz, Calzaturificio di Varese, 1914. Cromolitografia su carta. Museo Nazionale Collezione Salce, Treviso

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